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C
periodico
a
milanese
f
dedicato
e
al mondo
t
del tango
í
e dintorni
n
Anno 2
numero 1
a p r i l e 2 0 0 4
In questo numero
E d i t o r i a l e .
R e c u e r d o s .
a proposito di Fumando Espero...
L e t t e r a a g l i a l l i e v i .
E s c u c h a . . . F e l i z .
E l e c t r o t a n g o .
un nuovo genere si affaccia.
M i m a n d a M i l a n g o .
le interviste agli insegnanti!!!!
C h a r l a n d o c o n L u i s .
La Fragata Presidente Sarmiento
Tango e... Yoga.
discipline per l’anima?.
Tangomagico.
I cieli di Bs. As.
L e t r a s .
Fumando Espero.
INFOglio.
Le milonghe, la piccola guida del tanguero.
Omaggio esclusivo
per i soci di

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Caro allievo,
a s p i r a n t e
tanguista, in
cerca di un insegnante, di un maestro. E’ a te che ci
rivolgiamo questa volta... E sì, quante volte ci siamo
sentiti chiedere “dove si impara il tango?” e non è
una risposta facile. A Milano ci sono tante scuole o,
meglio, tanti insegnanti, e per aiutare nella scelta
bisogna innanzitutto cercare di capire quale è l’idea di
“tango” che ha il neofita, quello che non è ancora
diventato principiante, cosa del tango lo ha affascinato,
incuriosito, o già ammaliato. Tanto per cominciare, a
tutti consigliamo di fare un giro nei diversi locali dove
si balla il tango (vedi INFOglio allegato), per avere
un’idea di quello che è il tango ballato in sala. Ci si
accorgerà che ci sono stili molto diversi tra loro, e
diversi soprattutto da ciò che si vede al cinema o in tv.
Un’idea? Tra i locali storici consigliamo una serata al
Tangoy, tempio del tango intimo, dove l’abbraccio è
stretto, e l’eleganza è nei piccoli passi, oppure una
serata al Bellezza, sala consacrata al tango dinamico,
coreografico, e perchè no ironico... , ed aggiungerem-
mo anche una serata al Caribe, al Principe o al Farol,
milonghe “ecumeniche”... o alla neonata Mariposa. E
poi, comprendere la necessità di un proprio percorso
didattico: a cosa si aspira? Ad entrare in contatto con
una cultura diversa, eppure affine storicamente?
Cercarne le origini? Cercare una nuova forma espres-
siva? Importante, comunque è cercare di partire subi-
to con il piede giusto, e non è facile. Abbiamo allora
pensato di farvi conoscere gli insegnati, e attraverso
una breve intervista farli parlare del loro tango e della
loro didattica. A voi cercare di capire chi meglio
risponde al vostro percorso...
Torna
il
terzo
numero di Cafetín nelle
vostre mani ma soprat-
tutto sotto i vostri occhi
con qualcosa di vera-
mente speciale e inedito:
una serie di interviste ai
nostri maestri che con
grande piacere e
disponibilità ci hanno
parlato della loro grande
passione per il tango, e
di una scelta, quella di
insegnarlo, che li porta
quotidianamente a
mettersi in gioco con i
propri allievi.
Anche
in
que-
sti ultimi mesi il mondo
del tango di Milano e hin-
terland ha potuto sceglie-
re tra numerose iniziati-
ve ed eventi : il grande
successo della compagnia
Tango x 2 al Teatro
Smeraldo, i concerti
all'Arci Bellezza e alla
Maison Espana, e il
ritorno di una vera
icona del tango: Carlos
Gavito al Café Caribe.
Per
il prossimo
futuro due
iniziative importanti sia
sul piano culturale sia su
quello sociale : la
conferenza di Meri Lao,
organizzata da Milango,
presso La Mariposa e la
serata “Vamos Chicos
negli spazi della Porche
House, il cui incasso
verrà devoluto ai bambini
argentini. Iniziative
queste che offrono la
possibilità di vivere il
tango a trecentosessanta
gradi, attraverso una
festa, uno spettacolo, un
concerto o una
conferenza.
Abbiamo incontrato il mito Felix Picherna e gli abbiamo chiesto un consiglio d’a-
scolto, qualcosa a cui lui è molto affezionato, e lui questa volta ha consigliato:
V
olver (tango): “Volver... con la frente marchita, las nieves del tiempo
platearon mi sien...Sentir... que es un soplo la vida, que veinte años no es
nada,...” Felix musicalizza il mercoledì al Caffè Caribe in via Procaccini e la dome-
nica alla Maison España (vedi INFOglio allegato)
E s c u c h a . . . f e l i z !
Fumando espero”, ovvero il Tango nell’immagi-
nario collettivo dell’Europa negli anni venti…
gli ingredienti del peccato in stile decadente ci
sono tutti, una chaise longue, l’ozio, l’attesa di
baci ardenti, la passione, (dame el humo de tu
boca…) la droga, consumata con legittimo pia-
cere e senza sensi di colpa… insomma siamo
lontani anni luce dal barrio pobre e dalla nostal-
gia della terra lasciata, dalle fanciulle ingannate,
dalle misere esistenze degli immigrati di un con-
ventillo o dagli uomini soli ed umiliati, perso-
naggi caratteristici dell’ambiente tanguero. Ma
“Fumando espero” non nasce nella terra del
Tango ed è il prodotto della visione europea di
un fenomeno travolgente quanto poco compre-
so. Il 1923 è l’anno in cui è rappresentata in
Spagna la commedia musicale “La nueva España
e “Fumando espero” fa parte della rappresenta-
zione, musica composta da Juan Viladomat
Masanas e parole di Félix Garzo. Il brano è inci-
so per la prima volta in Spagna: è infatti del
1926 l’incisione interpretata da Ramoncita
Rovira. Solo nel 1927 “Fumando espero” è final-
mente incisa anche in Argentina, da Rosita
Quiroga, e subito dopo dall’Orquesta Tipica Víctor
e nel giro di pochi mesi è un susseguirsi di inci-
sioni che rimarranno storiche, poi è l’oblio. Ma
nel 1955, con la voce di Argentino Ledesma, la
Tipica Héctor Varela propone nuovamente il
brano che ottiene subito un successo enorme e
due anni più tardi, Sara (Sarita) Montiel, attrice
messicana, mollemente adagiata su di una chai-
se longue e munita di un opportuno bocchino,
lo canta con la voce sensuale e lo sguardo
ammaliatore nel film “El último cuplé”.
Recuerdos...
Due parole sul tango di questo mese,
Fumando espero, e non ce ne voglia il
Ministro Sirchia, se parliamo di un argo-
mento scabroso sotto diversi punti di vista..
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vuoi segnalare un evento,
hai domande, curiosità, o
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porre? scrivi a:
Cafetín - Via Fioravanti 12
20154 Milano
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A V V I S O
Cafetín - Periodico Milanese
Dedicato al Mondo del Tango e
Dintorni. Direzione e Redazione
a cura di Milango, Associazione
per il Tango Argentino.
2 aprile 1908
Nasce il pianista e compositore
Osvaldo Donato, autore del famoso
tango El huracán
21aprile 1904
Nasce la cantante e autrice Mercedes
Simone. Diede la sua voce all'Orquesta
típica Victor e, tra le altre, all'orchestra di
Francisco Lomuto.
28 aprile 1951
Muore pilotando il proprio aereo
Osmar Maderna pianista e compositore
(La noche que te fuiste, Pequeña-vals).
30aprile 1925
Nasce il pianista ed eccellente bandoneonista
Eduardo Rovira, noto per aver compo-
sto A Evaristo Carriego.
e f f e m e r i d i
In copertina:
“Si sta preparando per andare
in milonga?”
Omaggio alla mostra Ukiyoe, Il
mondo fluttuante (a Palazzo Reale
fino al 30 maggio, catalogo Electa)
Okita (K. Utamaro), 1792-1793
Tecnica: nishikie

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se le recensioni argentine esaltano (con un pizzico di sciovinismo) il Bajofondo come miglior
disco di ElectroTango, le cose più interessanti escono in seguito, e potremmo iniziare a par-
lare dei piazzolliani: a breve distanza escono due dischi con brani remixati del gran-
de maestro: Piazzolla Remixed, compilation europea e Astornautas ad opera degli argenti-
ni Ultratango.
Piazzolla Remixed è il lavoro collettivo di musicisti e dj princpalmente europei, alcuni dei
quali abbastanza importanti nel loro genere (Koop, 4Hero). È interessante notare che il disco
è pubblicato dalla Milan Records, etichetta che ha pubblicato Pazzolla e che attualmente
detiene un catalogo imponente della sua opera.
Astornautas è un lavoro molto interessante della formazione Ultratango, composta dai già
citati fratelli Satragno e altri musicisti come il bandoneonista Mariano Cigna. Nel disco
troviamo sette remake piazzolliani in aggiunta ad alcune composizioni proprie; fra gli omaggi a
Piazzolla ci sono piaciuti particolarmente Cite Tango e Invierno Porteño (con il contributo di
Raul Laviè, cantante di Tango classico e padre dei Satragno); molto interessanti alcuni brani
composti dal gruppo, fra i quali spicca Asi sea tango elettrico metropolitano e fortemente
porteño.
Narcotango. Carlos Libedinsky è uno dei primi sperimentatori del nuovo genere. Milonghero
appassionato di musica elettronica intitola il proprio lavoro Narcotango , “porque el tango es
como una droga que nos genera una increíble, sensual y poderosa adicción”. Si tratta di una
raccolta interessante ma non facile al primo ascolto; le atmosfere sono piuttosto introspettive,
notturne e, a tratti, cupe. È un lavoro agli antipodi di Bajofondo Tango Club: dove quest’ultimo
è immediato e si ispira ai ritmi più ballabili, Narcotango è più vicino alle sonorita “trip hop
tipiche, ad esempio, di Massive Attack. Dopo diversi ascolti ad alto volume, tuttavia, si apprezza
la ricchezza del lavoro e si comprende perché Libedinsky è considerato il capostipite del genere.
Per concludere questa breve rassegna, citiamo San Telmo Lounge, che alla fine del 2003
hanno pubblicato un mini-CD (McDougall Tango) come preludio ad un CD che dovrebbe esse-
re disponibile nel primo semestre 2004. Il gruppo percorre sonorità piuttosto morbide, unen-
do elementi di Jazz, Lounge e Bandoneon; fra i lavori presentati è probabilmente il più lon-
tano dal Tango, ma è comunque un prodotto di classe molto gradevole,dove l'influenza di
Buenos Aires e della sua musica sono molto presenti.
Massimo
Come
accaduto per altri generi e culture musicali, negli ultimi decenni abbiamo
assistito all’evoluzione, alla modernizzazione e all’ibridazione del tango con
altri generi: dal Jazz (Richard Galliano) alla World Music (Haris Alexhiou), alla Musica classica
(Tosca Tango Orchestra). Più recentemente si va affermando un fenomeno musicale caratterizzato
dalla fusione di elementi melodici e armonici tipici del Tango, con le nuove evoluzioni della
musica elettronica (Electronica) popolare negli ultimi anni: Lounge, Elettronica, Modern Jazz,
Drum&Bass, Ambient.
Alcune definizioni, iniziano ad apparire: Tango Tecno, Tango Dance, Neo Tango (che compren-
de anche la fusione del Tango con il pop e la World music); la definizione più appropriata
sembra quella di ElectroTango.
Le Origini
Avendo delimitato il campo, ci troviamo effettivamente di fronte ad un fenomeno nuovo. Come
per il Tango stesso, non è facile tracciarne l’origine precisa; possiamo citare, come una delle
pietre miliari, la leggendaria versione electro-reggae di Libertango, incisa da Grace Jones nel
1983 con il titolo I have seen that face before (Libertango).
Buenos Aires - Parigi - Buenos Aires
A partire da metà degli anni '90 alcuni giovani artisti argentini come Carlos Libedinsky
oppure i fratelli Satragno, provenienti dalla musica elettronica, incontrano musicisti “tradizionali”
e iniziano a lavorare sulla nuova “mescola”. Il primo brano pubblicato che fonde Tango e
sonorità elettroniche è probabilmente Trance Tango di Carlos Libedinsky. Tuttavia, coincidenza
singolare e affascinante, così come avvenne per il Tango all’inizio del ventesimo secolo, è necessario
“guardare a Parigi” affinché il fenomeno esploda. Nel 2001 esce La Revancha del Tango ad opera
dei Gotan Project, gruppo guidato dal DJ francese Philippe Cohen Solal e dal bandoneonista
Edoardo Makaroff. A tre anni dalla sua uscita, il loro disco ha già venduto più di 750000
copie ed è conosciuto dal grande pubblico così come dal pubblico degli appassionati di Tango;
il brano più famoso Santa Maria del Buen Ayre lo abbiamo ascoltato in tutte le radio, alla
televisione, nelle pubblicità e qualche volta nelle milonghe di tutto il mondo come cortina o
addirittura come ballabile verso la fine della serata.
Il grande successo globale ottenuto dal gruppo franco-argentino-svizzero rimbalza al di là
dell’oceano: è l’estate 2003 ed esce Bajofondo Tango club. Da questo momento nasce un genere.
Fra la fine del 2003 e l'inizio del 2004 si registra un numero copioso di uscite discografiche.
Un nuovo “genere” … ma è Tango?
A Buenos Aires il fenomeno non passa inosservato: i negozi di dischi espongono le nuove uscite,
vengono organizzati eventi speciali e anche i quotidiani locali iniziano ad occuparsene.
Le pagine degli spettacoli di Clarín e La Nación vi dedicano diversi articoli. Si riconosce
chiaramente l’esistenza e la rilevanza del fenomeno, e ci si affretta a concludere
ma no es Tango”. Sul fatto che “non si tratta di Tango” si può, fino ad un certo punto,
essere d’accordo, ma non si diceva così di altri “innovatori”? Assolutamente lungi dal voler
fare paragoni irriverenti si tratta di un fenomeno interessante, sulla falsariga di quello che è
accaduto al Jazz negli anni ‘80 e alla Bossanova negli anni ‘90. L’ibridazione e la mescola di
questi generi con sonorità nuove ed elettroniche ha consentito di avvicinare molti giovani a
questi generi e, in parecchi casi, ha portato queste persone ad estendere la propria ricerca
verso la musica “originale”. Questo tipo di musica probabilmente si diffonderà maggiormente
all’esterno del mondo del Tango, ma anche gli spiriti tangueri più inquieti, curiosi ed inno-
vatori potranno trarne motivi di interesse e di divertimento.
Un’altra tematica che sembra appassionare i commentatori è la dicotomia ballabile-non ballabile:
la maggior parte di questi lavori penso sia valida come musica da ascoltare; nella gran parte
dei casi non è adatta per la milonga; tuttavia potrebbe rivelarsi molto adatta per feste di
Tango, cortine o serate a tema. Ma anche in questo caso molto dipende dalla fantasia, dal-
l’abilità e dall’interesse per l’innovazione dei ballerini...
A questo punto, ElectroTango sta diventando un fenomeno di moda; fra qualche tempo basterà
mettere insieme qualche suono di bandoneon, percussioni elettroniche e accostare la parola
Tango per avere un prodotto da vendere. Il rischio indubbiamente esiste ed è difficile dire se
si tratta di ricerca oppure di opportunismo, di una moda o di un genere: come sempre il
tempo sarà il miglior giudice; sicuramente, nei prossimi mesi, sulle onde della moda, usciran-
no molti dischi di dubbia qualità; nel frattempo, tuttavia, possiamo registrare un interesse cre-
scente per il Tango e, per i più curiosi, ascoltare qualche buon tentativo di innovazione.
Selezione musicale
Bajofondo Tango Club, prodotto dall'omonimo gruppo argentino guidato da Gustavo
Santaolalla e Juan Campdonico è il disco della svolta: Gotan Project aprono una strada nuova
e Bajofondo dimostra che si può continuare. Il lavoro è comunque differente dal disco del
gruppo francese e se ne distacca per una ritmica molto più marcata e più “Disco”; per quan-
to riguarda la maggior parte dei brani, non è pensabile un passaggio in milonga, ma piut-
tosto in discoteca. Si tratta di un disco con qualche discontinuità e molti spunti, alcuni dei
quali interessanti. Se si tralascia una versione di Naranjo en flor che potrebbe rovinare le
coronarie di qualche purista, esistono alcune tracce molto interessanti come Mi Corazon,
Exodo II, Esperandote ed è impreziosito dalla presenza di Adriana Varela come corista in Mi
Corazon e come voce solista in Perfume, brano suadente ed avvolgente che dovrebbe diven -
tare un piccolo classico del genere e che potrebbe essere utilizzato come cortina musicale. Anche
Elenco Completo (o quasi ….)
Nel momento in cui scriviamo (febbraio 2004) si tratta di una lista
probabilmente completa.
Artista
Titolo
Anno
Paese
Gotan Project
La Revancha del Tango 2001
Francia
Bajofondo Tango
club
Bajofondo Tango club
2003
Argentina
Ultratango
Astornautas
2004
Argentina
AA. VV.
Piazzolla Remixed
2003
Francia
Carlos
Libedinsky
Narcotango
2003
Argentina
San Telmo
Lounge
Mc Dougall Tango
2003
Argentina
A.P.P.A.R.T.
Nu Tango
2003
Francia
AA.VV.
Electronic Tango
2003
Francia
Tanghetto
Emigrante
2004
Argentina
Chanteclair
Chanteclair
2003
Argentina
Tango Crash
Tango Crash
2003
Germania
Electro...Tango
dal nostro inviato a Bs As

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braccio a una donna la sensazione strana e meravigliosa dei corpi che si uniscono,
si fondono e, attraverso la musica, entrano in sintonia.
Perché hai deciso di insegnarlo?
Sempre mi è piaciuto insegnare quello che ho avuto la fortuna e la possibilità di
imparare: come architetto sono stato docente per otto anni all’università, come foto-
grafo ho organizzato corsi e conferenze di tecnica fotografica. Con il tango è suc-
cesso lo stesso: quello che ho ricevuto e appreso dai miei maestri ho voluto tra-
smetterlo e insegnarlo. In Argentina ho tenuto corsi per quattro anni, ho organiz-
zato milongas e ho creato talleres di tango. All’inizio era solo per passione, poi è
diventato un vero lavoro. Quando sono arrivato in Italia, senza conoscere la lingua
e la gente, il tango mi ha permesso di integrarmi e di trovare il mio spazio.
Qual è la tua didattica?
Generalmente i corsi sono organizzati in lezioni settimanali di un'ora e mezzo, i
primi 15 minuti sono dedicati alla tecnica, postura ed equilibrio, successivamente
iniziamo a camminare in coppia cercando sempre sincronia e sintonia. In ogni lezio-
ne insegno una figura e la forma di inserirla nel ballo, senza una struttura rigida
e predeterminata, ma interpretando la musica e l’emozione che suscita; durante la
lezione invito a cambiare compagno, per far capire meglio la marcacion. Alla fine
facciamo gli ultimi 15 minuti di pratica libera assistita. Ultimamente in alcuni corsi
ho iniziato a mostrare filmati che raccontano di personaggi e storie di tango, orche-
stre, cantanti e ballerini, per far conoscere le origini e il significato di questo pezzo
di cultura argentina. Molti mi chiedono quanto tempo è necessario per imparare a
ballare. Non c’è, ovviamente, un tempo prefissato: dipende dall’attitudine individua-
le, dal tempo dedicato, dal grado di affiatamento della coppia, dal desiderio di
apprendere e dal livello di perfezionamento che si desidera. Io ballo da più di 15
anni e continuo a viaggiare a Buenos Aires a prendere lezioni con i miei maestri.
Come definiresti il tuo stile?
Se dovessi definire il mio stile direi che nasce dalla fusione della passione e del
sentimento, con momenti energici e forti e momenti lenti e pausati, senza dimenti-
care l’importanza dell’eleganza e della pulizia del passo che deve esistere in tutto
il ballo. Uno stile dove si intreccia il milonguero e il tango salon, dove l’abbraccio
stretto si libera per dare spazio al gioco del movimento e della seduzione tra uomo
e donna, dove le pause assumono importanza quanto il movimento. Cerco uno stile
che permetta di esprimere queste sensazioni e trovare il completo coinvolgimento
con la donna che mi accompagna, interpretando la musica con sincerità, da dentro.
Alessandra Rizzotti
( a l e g o t a n @ l i b e r o . i t )
Lo considero uno spazio in cui le persone possono esprimere, attraverso il corpo,
emozioni e sensazioni che non sempre , nella vita di tutti i giorni, riescono a vive-
re pienamente. L'aspetto sociale del tango mi attira molto: Ho una formazione di
danza, un mondo in cui l'aspirazione al professionismo crea forte competizione tra
le persone. Nel tango invece ballerini e persone comuni condividono la stessa pas-
sione per il ballo e la stessa dimensione, la milonga. Ho iniziato quasi per gioco,
poi una serie di circostanze mi ha portato a un coinvolgimento sempre maggiore.
Perché hai deciso di insegnarlo?
Insegnavo già danza, amo molto questo lavoro, e quando ho capito quanto com-
plesso e interessante é il tango ho desiderato subito trasmettere la mia passione.
Mi piace lavorare sul corpo delle persone e cercare di non farle sentire a disagio
o inadeguate quando ballano in milonga.
Qual è la tua didattica?
Innanzitutto insegno a lavorare in asse e quindi ad assumere una posizione como-
da per imparare a ballare in coppia senza tensioni. E' importante rilassare il pro-
prio corpo per poter arrivare a una piena spontaneità. Un altro elemento impor-
tante è l'improvvisazione, é difficile ma fondamentale far capire che non ripetiamo
sequenze preconfezionate quando balliamo. Per quanto riguarda la musica, all'inizio
non insisto molto sulla distinzione dei diversi generi o le diverse orchestre, è un
discorso che si può fare più avanti. Il principiante ha bisogno di movimenti attra-
verso i quali i quali familiarizzare con la musica.
Come definiresti il tuo stile?
sono affascinata dai diversi stili perché mi piace esplorare e sperimentare. Senza
dubbio io ballo un tango dinamico e insieme al mio partner cerco di fare ricerca
a partire dalla tradizione.
Anna Marzi
(338 8333270)
Per me il tango è stato un colpo di fulmine: io provengo dai balli standard, e quan-
scatenate
a caccia
degli inse-
gnanti tra milonghe e scuole,
Monica e Giovanna hanno inter-
vistato per voi gli insegnanti di
tango che gravitano nell’aria
milanese, ecco quello che ci
hanno detto del tango, per loro
non solo una passione...
Alberto Colombo
(alberto3@mac.com)
Il tango è possibilità di esprimersi con il corpo e divertimento
Perché hai deciso di insegnarlo?
Sicuramente il piacere che deriva dal trasmettere una passione e il fatto di speri-
mentare uno scambio fortissimo con le persone. Per quanto mi riguarda c’era anche
l’emozione per aver intrapreso per primo questa strada a Milano.
Qual è la tua didattica?
Per prima cosa insegno a “stare in piedi”. Alle donne spesso non viene insegnato
questo. E’ invece molto importante per il ballerino che la dama sia passiva cioè
ritardi il movimento a tal punto che il movimento dell’altro diventi il suo. Le donne
attive non vanno bene nel tango, perché ostacolano il movimento e la libertà del
ballerino e snaturano questa danza; è una questione di ruoli: nel tango l’uomo è
proposta, e la donna è risposta, solo così la donna può creare.
Come definiresti il tuo stile?
Innanzitutto vorrei sottolineare che vi sono molti luoghi comuni sul tango e molte
inesattezze a proposito dei cosiddetti “stili”. La gente dovrebbe documentarsi meglio.
Per esempio il fatto di ballare più vicini con un abbraccio più stretto è nato da
un’esigenza pratica, ballare cioè in una milonga con molta gente, e questo fatto è
avvenuto non all’inizio, prima si ballava più aperti. Molti pensano il contrario.
Per quanto riguarda il mio modo di ballare, è sicuramente dinamico. Insisto comun-
que nel dire che ognuno può ballare il tango come vuole. Per me è importantissi-
mo sperimentare. A Milano c'è poca voglia di sperimentare.
Alejandro Angelica
(338 1217587)
Non è solo danza ma anche l’espressione di una cultura che diventa universale.
Comprende diversi aspetti dell’arte; rispetto alla danza rappresenta l'equilibrio tra i
due sessi; lo identificherei con il mito platonico dell’ Uno-Sfero o con lo yin e yang.
Perché hai deciso di insegnare?
Una serie di situazioni mi ha portato ad insegnarlo; vorrei sottolineare in ogni caso
che ballare e insegnare non sono la stessa cosa. Mi dà moltissima soddisfazione vede-
re i progressi di un allievo.
Quale è la tua didattica?
1) Improvvisazione 2) Ascolto musicale 3) le basi: abbraccio e camminata.
Occorre mediare tra divertimento e disciplina.
Definiresti il tuo stile?
il mio stile è un “non stile”; lo stile è una cristallizzazione. Scegliendo uno stile spe-
cifico si eliminano tutte le altre possibilità che i diversi stili comprendono. Possiamo
dividere uno stile in tre aspetti:
1) Le orchestre: ogni orchestra ha un suo stile e un suo compas (ampiezza del
tempo); 2) La misura della camminata che rappresenta la “forma”; 3) L’abbraccio:
esistono tre assi nel tango, io non ne escludo nessuno.
Alejandro Ferrante
(alegotan@hotmail.com)
Il tango forma parte della mia storia, della mia infanzia e cultura. Mia madre can-
tava tango tutto il giorno per casa, mio padre portava dischi di tango e mi rac-
contava di storie e personaggi, era amico d’infanzia di Piazzola. Da piccolo trovavo
il tango noioso e vecchio, mio padre mi diceva: “El tango te va a esperar y en
algun momento de tu vida terminarà atrapandote” Arriverà il momento in cui ti
conquisterà. E così fu: il tempo e la vita a Buenos Aires mi hanno portato a cono-
scere e comprendere la musica e la poesia, a sentire come le parole raccontano
della mia storia personale. Così ho iniziato ad amarlo e a incorporarlo ogni giorno
di più. Ballare è per me esprimere libertà, passione e fantasia, è sentire nell’ab-
Mi manda Milango... l e i n t e r v i s t e !

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Perché hai deciso di insegnare?
Mi è stato chiesto e ho cominciato così, per caso. Non ho mai pianificato l'at-
tività di insegnamento. Insegnare mi stanca e mi piace allo stesso tempo, anche
perché insegnando imparo molto anche io.
Quale è la tua didattica?
Bisogna premettere nell’ imparare il tango sulla musica e con movenze tradi-
zionali bisogna accettare che i ballerini del passato e gli stessi maestri del pas-
sato recente sicuramente non hanno imparato tali passi nella stessa maniera e
con lo stesso processo. Ci sono quindi evoluzioni nelle esecuzioni e nell’esteti-
ca dei passi e conseguentemente nell’insegnamento di questi. Come semplice
divulgatore del tango argentino ce la metto tutta perché gli allievi che si pre-
sentano più o meno volenterosi imparino la consapevolezza del corpo e il con-
trollo assoluto del movimento, sia il proprio che l’altrui. Per fare ciò attingo
dagli elementi della danza che pratico da svariati anni (danza classica, con-
temporanea, contact dance improvvisation). La lezione varia perché cerco di inse-
gnare a lasciarsi andare liberamente, per evitare di creare degli automi del
perfetto movimento e dei cloni di me stesso. Il tango non è “qualsiasi cosa”,
per lo meno non a lezione, anzi il tango è qualsiasi cosa che arriva dal cuore
Definiresti il tuo stile?
Lo stile non può essere “assoluto”, definito. Fisicità, umori e contesti diver-
si porteranno inevitabilmente a stili e dinamiche diverse. La tecnica che
cerco di insegnare ha la presunzione di dare gli strumenti a colui che impa-
ra di ballare scegliendo il proprio stile in funzione della propria ispirazio-
ne ed emozione del momento.
Karola Radaelli e Paolo Vitalucci
(pkus@libero.it)
Innanzitutto il tango è danza e quindi divertimento, comunicazione, espressione attra-
verso il proprio corpo, è la nostra energia interna che con la musica diventa movi-
mento; è socializzazione, è una ricerca continua di benessere stando semplicemente
abbracciati ad un'altra persona dove le parole non servono; il tango è saper convi-
vere non solo con il/la partner ma con tutta la milonga (la gente) che insieme a
noi forse cerca altro ma un filo conduttore ci unisce. In poche parole questo per
noi è il tango.
Perché avete deciso di insegnare?
Il nostro approccio con l'insegnamento è nato inizialmente per supplire l'insegnan-
te ufficiale che spesso “bidonava” i corsi, fino poi col tempo, lo studio, e tanta gavet-
ta, a farne di entrambi una professione in continua evoluzione. Il nostro concetto di
base è non avere mai un traguardo, non possiamo mai sederci e dire di essere arri-
vati ..... significherebbe che hai finito! Una continua crescita, curiosità e amore per
questa danza sono alla base del nostro lavoro.
Quale è la vostra didattica?
Quello che cerchiamo di passare agli alunni è principalmente il gusto di questo ballo
attraverso la ricerca della musicalità ed eleganza del nostro corpo, la "convivenza"
con chi come loro è in pista, la tecnica ovviamente fondamentale per far funziona-
re il tutto. Cerchiamo di trasmettere un tango fluido e dinamico attraverso movi-
menti armoniosi, cerchiamo di far capire che il tango non è ne una collezione di
figure da sfoggiare in milonga ne camminate chilometriche in un abbraccio di un
sentimento triste che si balla!! E' per noi il giusto connubio, dove tutto è perfetto
al momento e nel luogo giusto, non dimentichiamo che è principalmente una danza,
nata come tutte le danze per divertirsi .... una danza è completa anche quando
attraverso una conoscienza approfondita del proprio corpo si ha la padronanza e la
libertà di adattarci ad ogni circostanza per non avere un tango a “senso unico”.
Definireste il vostro stile?
Per noi non è questione di etichette “apilado”, “milonghero”, “nuevo tango” e chi
più ne ha più ne metta, è questione di vedere questa danza nella sua totalità, poter
stare bene e “comunicare” con chiunque ci capiti “tra le braccia”. Chiaramente ognu-
no col suo stile ma che non vada a compromettere o discriminare gli altri. Per
quanto concerne appunto lo stile, ormai da tanti anni collaboriamo a Buenos Aires
con El Turco Josè quindi possiamo “etichettarci” che il nostro tango è il tango di
Villa Urquiza.
Leticia Lucero e Alfredo Granado
(gentetango@libero.it)
L: Tecnicamente parlando è un abbraccio e comunicazione. Personalmente ritengo che
sia un modo per incontrare se stessi in quanto attraverso di esso riesci a esprime-
re ciò che in altri momenti non sei in grado di manifestare; i ritmi pressanti e gli
schemi spesso ce lo impediscono. Per la donna il tango è uno stimolo per poter
do il mio partner mi ha proposto il tango argentino ho scoperto un mondo! Non
definirei il tango un vero e proprio ballo, bensì un linguaggio fra corpi. All’interno
del tango è sempre possibile una ricerca che ci porta a fare scoperte infinite. Non
ha barriere né limiti, è qualcosa di universale. Lo definirei una vera e propria filo-
sofia di vita: amore esteso a tutti al di là del ceto, dell’età , dell’aspetto fisico, della
cultura etc. Questo è l’aspetto sociale del tango, poter comunicare tra persone molto
diverse tra loro. Per me è l’opportunità di fare nuove amicizie e soprattutto cono-
scere il lato migliore delle persone.
Perché hai deciso di insegnare il tango?
Amo trasmettere una passione e il piacere che mi dà ballare tango. Inoltre, inse-
gnando tango, mi rendo conto di conoscerlo sempre di più. E’ una scoperta infinita.
Qual è la tua didattica?
Le lezioni sono sempre diverse perché le persone sono diverse. Questo è per me uno
stimolo molto forte. Cerco di trasmettere soprattutto il sentimento che accompa-
gna un passo, quindi non ci si ferma alla pura tecnica; una tecnica eccessiva soffo-
cherebbe la parte più personale dei ballerini. Essa deve servire come il pennello per
il pittore; è un semplice strumento per poter ballare con sentimento anche sempli-
cemente camminando.
Come definiresti il tuo stile?
Milonguero. le persone che vengono da me hanno come obiettivo quello di ballare
in una milonga e non su un palcoscenico. Bisogna che il principiante sappia fer-
marsi e ripartire in qualsiasi momento. Secondo me nello stile milonguero c’è un
linguaggio fra corpi che non esiste in altri stili. Inoltre ritengo che questo stile ci
permette di giocare molto di più sull’improvvisazione.
Anna Rivolta e Germano Scaperrotta
(anna.rivolta@libero.it)
A: Provengo dalla danza classica, per cui lo definirei come una danza “sociale”. Del tango
mi ha colpito molto l’aspetto di coppia che nella danza classica è praticamente assente.
Perché avete deciso di insegnare?
A: ho iniziato come assistente di Alberto Colombo e mi sono resa conto di quanto mi
arricchisse. Posso dire di crescere attraverso i miei allievi, inoltre insegno in un liceo e
l’aspetto educativo-didattico fa parte di me. E’ naturale che si senta il bisogno di tra-
smettere una passione. G: Condivido l’aspetto della crescita e aggiungo che l’insegnamen-
to mi mette continuamente alla prova in quanto per poter insegnare devo continuamen-
te risolvere determinate difficoltà. Personalmente ho imparato a comunicare meglio con le
persone.
Qual è la vostra didattica?
G: Innanzitutto insegniamo l’abbraccio e la postura: ognuno deve trovare il proprio equi-
librio; è quindi fondamentale che nella coppia i due ballerini trovino il proprio asse. Questi
sono due aspetti molto difficili da trasmettere ma è da qui che parte tutto il resto. Un
altro aspetto molto importante è l’ascolto musicale. Quello che cerchiamo di trasmettere
ai nostri allievi è il gusto per un movimento proposto.
Come definireste il vostro stile? “Aperto”?
G. non esiste un tango aperto! Ci si apre per poter eseguire delle figure.
Giovanni Bermond
(gio_bda@hotmail.com)
Ho conosciuto il tango per caso, e ne sono stato affascinato. Ballavo già altri
balli da alcuni anni, e sono rimasto affascinato dal tango perché ha una gran-
de complessità, data sia dall'aspetto storico (la fusione della musicalità e della
cultura in genere di diverse culture nell'ambito metropolitano di Bs As) che dal-
l’aspetto sociale, la voglia di muoversi in coppia e improvvisare. Il tango infat-
ti è sempre stato una ricerca artistica, una ricerca del movimento in funzione
dell’esibizione, perché se fosse stato ballato solo in privato probabilmente non
si sarebbe mai sviluppato in modo così complesso, un ballo sociale presuppone
che vi sia intorno altra gente: è un’interazione tra la coppia ed il resto della
sala e quindi in questo senso è una esibizione. I suoi vincoli e le posture sono
legati all’essere in pubblico. La ricerca estetica però si è allontanata dallo spi-
rito popolare e quindi si avvicina alla maggior parte dei motivi per cui il tango
è oggi di moda e le persone lo vogliono imparare. Piace perché è il sapore
delle cose retrò: Il tango di oggi è solo un recitare il tango di allora, dobbia-
mo ammetterlo e godercelo così, senza false ipocrisie, apprezzando quello che
la storia ci ha tramandato. Se lo ascoltiamo con attenzione ci rendiamo conto
di quanto la musicalità fosse già negli anni trenta molto ricercata, anche se
era “solo” musica da popolare da ballo, era assai complessa e ricca, e il fatto
di avere studiato pianoforte per parecchi anni mi aiuta ad apprezzarla mag-
giormente.
seguono... l e i n t e r v i s t e !

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mi abbiano voluto bene e trattato come una figlia. A parte la mia profonda ammi-
razione per loro, sento di avere un debito di riconoscenza per tutto quello che mi
hanno dato: Miguel Balmaceda. Morto. Insegnava solo a camminare e a fare la base
con aplomb. Suo figlio non ha un millesimo della grazia che aveva lui nell’appog-
giare i piedoni al suolo accarezzando il pavimento con la leggerezza e l’aplomb di
un gatto. Pepito Avellaneda. Morto. Il corpo dall’orecchio assoluto. Piccoletto, agile,
esperto nei doppi tempi e nel muoversi a musica come nessuno, amava i vals, la
sua donna e il whisky e credo in questo esatto ordine. Antonio Todaro. Morto. La
creatività, l’invenzione, il genio. Maestro senza peli sulla lingua, ma con il cuore di
un ragazzino. Tutti i passi e le sequenze che balliamo nel tango da quarant’anni a que-
sta parte, ad esclusione di quella baggianata del tango apilado (invenzione per il turi-
sta con voglia di atmosfera), sono farina del suo sacco. Ve l’aveva mai detto nessuno?
Quale è la tua didattica?
Quando qualcuno che la conosce ti parla di eleganza, non può dissociarla dalla sem-
plicità. Il tango è un linguaggio, un idioma, e come tale lo devi domcinare corret-
tamente, con naturalezza. La mia didattica è basata sul ragionamento, sulla possibi-
lità di poter arrivare a comporre delle frasi difficili con la scioltezza con cui direm-
mo parole semplici come sole o casa. La danza, e in questo caso il tango, deve esse-
re un piacere per chi lo balla, ma ha anche una funzione estetica dalla quale non
si può prescindere. La postura, il modo di muoversi e il modo di comporre queste
frasi/sequenze del linguaggio tango rivelano anche il gusto, la ricercatezza di pen-
siero o la sensibilità di una persona. Come ci vergogneremmo di parlare incorretta-
mente, cosi dobbiamo curare l’esposizione nel linguaggio del corpo. La postura, i det-
tagli e la semplicità sono alla base di una bellezza estetica; la corrispondenza con la
musica e la partecipazione emotiva danno spessore e contenuto al nostro linguaggio.
Definiresti il tuo stile?
Assolutamente si. Il mio stile è il cosidetto tango salòn, un tango romantico ed ele-
gante che è nato a partire dagli anni 40 e si è sviluppato fino ad oggi attraverso
i maestri che ho citato. E’ una danza in continua evoluzione. La mia ricerca di coreo-
grafa mi porta continuamente a creare nuovi modi di espressione, rispettando le
radici e la tradizione. E’ un tango che si balla in pista, ma che consente abbelli-
menti dell’uomo e della donna con una perfetta interazione, mai banale, ricco di
dinamiche e varietà di colori, in perfetta sintonia con questa musica così appassio-
nata.
Marianna Fontana e Roberto Angelica
(marianna.roberto@fastwebnet.it)
M: il tango è un’espressione corporea di un sentimento profondo, dettato dalla voglia
di comunicare, provare emozioni, relazionarsi con la persona che si ha di fronte. Più
personalmente è un modo di cercare di capire altre culture, usi e costumi e poi in
realtà il tango mi ha rapito e non ho potuto fare a meno di seguirlo!!! Puro istin-
to! R: è un modo di tramandare ciò che ho in realtà sempre vissuto e quindi di
far conoscere la mia cultura, le usanze, il modo di esprimersi di un popolo così vici-
no a quello italiano, ed allo stesso tempo così diverso.
Perché hai deciso di insegnarlo?
M: Per quanto riguarda l'insegnamento del tango è successo esattamente come
per altre danze: ci sono state delle richieste e solo dopo averle prese bene in
considerazione mi sono buttata a capofitto in questa splendida esperienza.
Insegno danza da una quindicina d’anni, quindi se non mi fosse piaciuto non
avrei potuto portare avanti questa attività per così tanto tempo!
R: Perchè l’insegnamento non è solo un modo per mettersi alla prova ma anche
un modo per crescere, per trasmettere tutto quello che si ha da dare e per
avvicinare e far conoscere alla gente il tango.
Quale è la tua didattica?
Insegno tango con Roberto Angelica ed insieme abbiamo portato avanti un
metodo di lavoro che è il connubio dei due modi di intendere l’insegnamento.
Per me l'insegnamento della danza è, come mi hanno sempre palesato, discipli-
na e da qui deriva un insegnamento abbastanza rigido alla ricerca però del
miglior modo di arrivare ad ogni singolo allievo. Per Roberto, invece, l'approc-
cio è molto più morbido e accondiscendente con determinata intenzione però,
di far arrivare tutto ciò che lui in realtà può dare con il suo vissuto di argen-
tino. Il nostro intento è quello di formare degli “improvvisatori” e quindi lavo-
riamo sulla tecnica che poi darà all'allievo la possibilità di muoversi agevol-
mente nelle milonghe. In reltà i passi sono solo un pretesto per spiegare la
tecnica e con vari accorgimenti cerchiamo di stimolare l'allievo alla sua espres-
sione più congeniale. Oltre quindi ad insistere sulla non codificazione dei passi
in riducenti coreografie fine a se stesse, i nostri intenti sono rivolti alla rela-
zione tra i due componenti della coppia,il mantenimento del proprio asse, il
livello di ballo, la torsione, l'abbraccio e la postura. Molto riduttivo detto in
questi termini, ma sarebbe molto lungo spiegare tutto ciò che sta dietro a que-
esprimere la propria femminilità e la propria sensualità senza divenire aggressiva.
A: Il tango è un abbraccio, è camminare insieme, è un linguaggio con un proprio
codice, una propria grammatica, è un comportamento che si acquisisce, è un sogno
guidato, vale a dire un controllo dell’emozione e dei sentimenti che si possono pro-
vare ballando. L’uomo in particolare non deve lasciarsi andare scadendo nella vol-
garità o nell’essere precipitoso.
Perché avete deciso di insegnare?
L: è la passione che mi spinge a trasmettere agli altri ciò che so.A: insegnando io cre-
sco con i miei allievi; attraverso il tango le persone cercano di diventare ciò che non
sono ancora, di esprimere un qualcosa che non si è ancora pienamente manifestato.
Qual è la vostra didattica?
Si parte da quello che definiamo l’abbraccio totale, per poi staccarsi leggermente e
iniziare a ballare insieme. Mantenendo l’abbraccio chiuso, come nel tango salon, si
mantiene costante la comunicazione. Perdendo l’abbraccio si perde la comunicazione.
L’abbraccio chiuso non limita i movimenti o le figure ma le rende forse più difficoltose.
Luisito Ferraris
(340 2355121)
Senza tango la vida mia non tendria sentido, non avrebbe avuto senso, per me è
stato tutto.
Perché hai deciso di insegnare?
Cominciai ad insegnarlo per l'insistenza di Susana Miller, che voleva portarmi alla
sua scuola. Un milonguero da noi non fa scuola, balla per sé, ma alla fine Susana
mi convinse ad andare alla sua scuola per uno stage di 4 lunedì, ci presi gusto e
rimasi 5 anni. Così continuai ad insegnare, adesso è una passione.
Quale è la tua didattica?
La prima cosa che voglio dai miei allievi, è il tempo del tango. Un mio amico milon-
guero, Cacho Dante, mi disse: “quando cominciai a ballare facevo 30 passi, quando
erano 5 anni che ballavo, ne facevo 10, ora che ballo da 30 anni, ne faccio 3, però
a tempo”. Bisogna per prima cosa imparare a camminare il tango a tempo, è la
cosa più importante. Quando cominciai ad imparare la mia mama per insegnarmi,
mi metteva in mano una scopa, e mi faceva camminare per un’ora. Ora io non lo
faccio con i miei allievi, ma dico loro che è un ottimo esercizio, e qualcuno di loro
a casa lo fa, e i risultati si vedono.
Definiresti il tuo stile?
“Milonguero”, lo stile che si cominciò a ballare a Buenos Aires dopo gli anni ciquan-
ta. Prima l'abbraccio era molto più aperto, faccia a faccia, ma con il corpo stacca-
to. Capitò poi che, quando sì cominciò a ballare nel centro in locali più piccoli, come
la Confitería, adottarono questo stile dell'abbraccio più chiuso, per motivi di spazio.
Non so chi gli dette il nome milonguero, ma era lo stile che impararono tutti i
milongueros, dei quali io sono il più giovane (67 anni, n.d.r.). La maggior parte dei
vecchi milongueri purtroppo non sono più qui, ma staranno ballando di nuovo, nel-
l’altra vita, perchè penso che se c’è un’altra vita, seguiremo bailando, una vita non
basta per il tango!
Mariachiara Michieli
(escuela@nctangueros.com)
Posso dire cosa per me non è il tango: after-hours nei locali trendy, il cinema in
compagnia, le vacanze in agosto e il Natale in qualche paese tropicale, i fine setti-
mana in montagna, lavare la macchina, avere la macchina, le scarpe a punta che
tanto si usano in questi anni, la salsa, le altre danze latino-americane, i tesserini
delle federazioni, i concorsi, il collezionismo, gli hobbies...E il tango cos’è? un buon
bicchiere di vino con le persone a cui vuoi più bene, ore e ore in furgone per anda-
re a fare un concerto o uno spettacolo, sentendoci vicini, unire il pranzo con la
cena perché ti vergogni di certi giochetti di marketing, avere un balconcino a Buenos
Aires da dove vedi quella bellissima via alberata con il pavé bagnato di brina mat-
tutina, mentre ti stai fumando l’ultima sigaretta prima di dormire, dopo aver pas-
sato una notte intera a struggerti nella musica di Canning, sopportare le ingiustizie
con un senso di impotenza che ti fa sanguinare le mani e ribellarsi alle ingiustizie
a costo di essere solo, commuoversi per un sorriso, avere nostalgia di una carezza,
di uno sguardo, di un abbraccio, del fico nel giardino, andare in bicicletta, essere
curiosi della vita e voler partecipare, vedere che sono già le cinque di mattina e tu
stai ancora cercando il senso delle cose tra le pieghe di un cuscino, disarmarsi davan-
ti ad un’emozione, ad un gesto poetico, sentirsi felici ascoltando un vals, amare Pugliese.
Perché hai deciso di insegnare?
Per non dimenticare. Perché c’erano tre uomini che hanno dedicato la loro vita a
creare ed insegnare il tango e nessuno parla più di loro, nessuno prosegue con quel-
lo che loro avevano iniziato. Questi uomini li ho amati come dei padri e credo che
seguono... l e i n t e r v i s t e !

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sti punti.
Definiresti il tuo stile?
Non definiremmo il nostro stile in quanto crediamo che il tango non sia
scindibile. Il tango in realtà è uno solo! Ognuno di noi esprime come meglio
crede ciò che la musica gli suggerisce in quel determinato momento. In
alcuni momenti serrerà l’abbraccio per creare una situazione più intima, in
altri momenti farà prendere aria alla figura per avere più spazio per libe-
rare la propria fantasia! Nel tango vale tutto! Per noi non c’è nulla di “giu-
sto” o “sbagliato”, si può solo dire “mi piace” o “non mi piace”, rimanen-
do sempre nella tradizionalità della danza.
Marina Fuhr
(marina.tango@libero.it)
La risposta che diamo noi tutti “Para mì el tango es la vida”, non sarà molto ori-
ginale, ciononostante almeno per me è così; dedico al tango 12 ore al giorno, tra
l’insegnamento, lo studio, l’organizzazione di stage e feste, ore passate a creare, a
cercare, a provare, a discutere, a divulgare. Io respiro tango, io sono tango, io amo
il tango e forse per questo non ci si spreca tanto a dimostrarlo: è così e basta.
Ho lasciato la mia terra, la mia famiglia, la mia gente per venire a diffondere il
tango in Italia. Io resto una tanguera sia quando il tango è di moda sia quando
non lo è, quando le cose vanno bene e quando van male, con tutte le sua qualità
e tutti i suoi difetti. Il tango ha fatto molto per me, più di quanto io abbia fatto
per lui, ma come in ogni importante relazione amorosa queste cose non si metto-
no mai sulla bilancia, se ne gode quando c'è da gioire, si soffre quando c'è da pian-
gere. Per il momento resistiamo ancora uniti; se il tango non mi abbandona, per
adesso non sono certo io a pensare di lasciarlo.
Perché hai deciso di insegnarlo?
Ho deciso di insegnare il tango perché sono una maestra di danza; per tanto tempo
ho insegnato danza jazz perché ero una ballerina di jazz; da quando ho comincia-
to a studiare e a ballare tango ho continuato col tango. Ero una bambinetta quan-
do iniziai a studiare danza, ho sempre amato il movimento e il linguaggio del corpo,
al punto di pensare quasi che le parole non servissero a nulla; pochi anni dopo ini-
ziai a valorizzare l’espressione vocale, ma trovo più facile codificare le manifesta-
zioni e i sentimenti attraverso il movimento perché vivo dentro al movimento.
Ero un’adolescente quando mi proposero di insegnare per potermi pagare le lezio-
ni (non conto più gli anni di insegnamento che ho alle spalle); scoprii che insegnare
mi piaceva quanto ballare, forse perché non mi riesce difficile trasmettere una cosa
che amo tanto. Anzi, poterla insegnare a una persona che possiede quella meravi-
glia che è il corpo, che magari non conosce e che non sa di poterlo muovere, e
riuscirci, per un maestro è una gran vittoria, se poi a questa persona il movimento
serve anche per poter comunicare, per poter divertirsi, per poter socializzare, ebbe-
ne la vittoria è doppia. A tale scopo il tango è un mezzo ideale: il tango è un
mezzo, credo sia questo l’equivoco in cui cade la gente quando comincia a pren-
derlo per un fine. Diventare una grande maestra sarebbe il mio sogno.
Qual è la tua didattica?
Una delle cose cui pongo maggior attenzione nell’insegnamento è la comunicazione.
Credo che la cosa più importante per poter ballare il tango sia saper ascoltare il
corpo dell’altro. Per riuscirci occorre uno studio profondo del proprio corpo e del
proprio modo di esprimersi, per poi conoscere e sentire il modo espressivo dell’al-
tro. L’attenzione assoluta che un uomo pone alla sua donna nei tre minuti di dura-
ta di un tango e l’attenzione assoluta che la donna gli concede per poter rispon-
dere in maniera precisa ad ogni suo movimento fa sì che il mondo sparisca e que-
sto crea la magia del ballo. Se non si crea questa magia, non c’è tango, ma non
dobbiamo dimenticarci che siamo noi a render possibile tale magia: se creiamo delle
barriere, la comunicazione si fa più difficile; credo che tutti abbiamo cose belle da
offrire, forse talvolta abbiamo solo paura di metterci in gioco. Penso che uno dei
problemi principali di questo secolo sia la mancanza di comunicazione; non ci ascol-
tiamo più neanche quando parliamo, per questo ci riesce tanto difficile ascoltare i
nostri corpi quando si presume che la comunicazione corporale sia elementare (la
comunicazione del corpo nasce prima della parola). Un’altra cosa cui sono molto
attenta perché è fondamentale nel ballo è l’armonia di coppia, che si conquista con
l’equilibrio, ma questo credo sia ciò che tutti i ballerini cercano continuamente, poi-
ché si tratta dell’oggetto di continua ricerca nella vita stessa; se non è facile tro-
vare l’equilibrio nella vita, come possiamo pensare che sia facile trovarlo nel ballo,
soprattutto quando parliamo di tango dove occorre trovare non solo l’equilibrio indi-
viduale, ma quello di coppia? Mi disse una volta un grande maestro: non cercare
passi, cerca il tango; non fu tuttavia facile per me capire dove stava il tango, ma
non dobbiamo dimenticarci che, come in tutte le cose, anche i fallimenti sono istrut-
tivi e ci servono di esperienza. Io spero di “dare il Tango” ai miei alunni.
Come definiresti il tuo stile?
A me non piace particolarmente inquadrarmi in uno stile, cerco di interpretare cia-
scun brano in modo diverso; mi piace ballare D’Arienzo in stile molto unito e cor-
tado, badando a giocare il più possibile col ritmo; e mi piace ballar Pugliese con
passi lunghi ed eleganti creando ampi movimenti che la musica ti permette d’in-
terpretare molto meglio. Credo che una delle cose più importanti sia questa: la liber-
tà d’interpretazione. La musica del tango è troppo varia perché la si debba balla-
re tutta uguale. Possedere un linguaggio fluido offre maggior libertà; questo non vuol
dire che, se uno sta ballando in un posto angusto ed affollato, debba fare tutto ciò
cha sa o ha imparato: è una questione di accomodamento sapere dove e come agire
senza disturbare il prossimo; si è tanto miglior ballerini quanto più si ha padro-
nanza dello spazio e quanti più movimenti si riescono a fare senza intralciare il
ballo degli altri; è per questo che bisogna studiare, altrimenti non resta che rasse-
gnarsi a un ballo molto più semplice. Sono appena stata a uno stage di Zotto dove
ripeteva sempre agli uomini che il loro compito è divertire la donna, perché una
dama che si annoia non ha più voglia di ballare. Condivido pienamente la sua opi-
nione, resto incantata dagli uomini creativi, divertenti, che ti sorprendono di conti-
nuo, così come mi succede nella vita: non mi piace la monotonia. . . ovviamente è
un’opinione del tutto personale.
Tanto volte mi han detto: il tuo tango è “fan-
tasia”. Non so. Negli anni ‘40, quando la musica del tango iniziò a crescere e a svi-
lupparsi, altrettanto fecero i ballerini e i passi del tango. Fu quando si inventò il
giro che cambiò l’idea di tango, perché una coppia che gira su se stessa ha molte
più possibilità di movimento: per i ballerini di tango fu come la scoperta della ruota.
Quando un ballerino giocava molto con le gambe della dama ed era molto creati-
vo coi suoi movimenti si diceva che aveva molta fantasia; se è questo che inten-
diamo quando parliamo di “tango fantasia”, allora sì, accetto la definizione e spero
che non solo il mio tango, ma anche tutto ciò che faccio quotidianamente, non siano
privi di fantasia. Approvo pienamente i “vecchi” milongueri quando dicono che senza
abrazo non c’è tango, mi pare sia l’elemento che distingue il nostro ballo da qua-
lunque altro ballo di coppia, però una delle filosofie che più amo del tango è l’i-
dea di una “possibilità infinita”. Ballando in posizione apilada questa filosofia viene
meno perché è una posizione che limita i movimenti e io amo la libertà, soprat-
tutto nel tango, che ho eletto a mezzo di vita e di espressione.
Marzia Colangelo e Rocco Tremoglie
(roccotremoglie@tiscalinet.it)
Il tango è una delle danze che più permette di vivere la vita con passione, susci-
tando e scaturendo emozioni di forte intensità. E’un ballo che, pur avendo una sua
tecnica di esecuzione precisamente codificata, assegna al cavaliere dei margini di
improvvisazione che ne fanno una danza libera e, per certi aspetti, imprevedibile.
Il Tango è già dentro di noi, devi scoprirlo, è come l’inconscio, che in quanto infi-
nito riemerge di continuo. E’ una lotta-danza tra sé e l’altro, la negoziazione dello
spazio condiviso
Perché avete deciso di insegnare?
Insegnare ci permette di trasmettere agli altri la nostra passione ed il bagaglio della
nostra esperienza di ballerini
Quale è la vostra didattica?
La nostra didattica prevede un iniziale studio basato sulla ricerca costante del pro-
prio asse, ottenuta attraverso la semplice camminata, ed una preparazione che inclu-
de esercizi di sbarra a terra e streching. Le lezioni implicano anche alcune ore dedi-
cate alla conoscenza delle origini e della storia del tango, volti a suscitare e sti-
molare ulteriormente l’interesse dell’allievo. Gradualmente vengono quindi insegnati
i vari passi base, aiutando il partner nella comprensione della distribuzione del peso
della propria compagna, al fine di potere agevolmente cambiare direzione durante
l’esecuzione dei movimenti. Ci teniamo molto ad aiutare l’allievo ad avere chiara
consapevolezza del proprio corpo e della propria impostazione. Lo accompagniamo,
senza forzature lungo un lento e progressivo apprendimento, si dei principali codici
e passi, ma soprattutto della possibilità di poterli abbinare, componendo e ricom-
ponendo nuove figure, mantenendo così fede alla improvvisazione che il tango, come
una delle poche danze, permette.
Definireste il vostro stile?
Il nostro stile è “Apilado”, ma per certi aspetti diverso dai vari stili di impronta
milonguera, con abbellimenti di natura prettamente classica ed incursione nel tango
“fantasia”.
Monica Maria
(monica.fmg@tin.it)
Il tango per me è un linguaggio, io sono appassionata di linguaggio, ed il fatto di
affrontarlo come tale mi ha sempre aiutato molto, anche ad entrare in quello che
è un codice: se non lo consideri così può essere difficile. Invece considerarlo un lin-
seguono... l e i n t e r v i s t e !

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Sono molto attento all’aspetto psicologico del mio allievo. Utilizzo molto alcuni con-
cetti dello Zen e del Buddismo ma anche di Carl Jung. Faccio fare molti esercizi di
immaginazione che servono essenzialmente per aiutare a superare la paura iniziale
del ballo, presente in molti principianti. Sono molto attento anche alle motivazioni
e alle predisposizioni di ciascuno. Uno degli elementi su cui insisto durante le mie
lezioni, è la respirazione. In questo mi aiuta molto lo Yoga che pratico da venticin-
que anni. Un’ultima cosa importante: cerco di insegnare ai miei allievi che non si
può mai sbagliare nel tango.
Come definiresti il tuo stile e, visto che hai fatto riferimento all’arte, quale pit-
tore rappresenta il tango?
Stile salon. Per la passione farei un parallelo senza dubbio con Van Gogh. Per quan-
to concerne la dolcezza, Klimt. Per la luce, Caravaggio. Se posso fare un paragone
con la pittura in generale, definirei il pavimento la tavolozza del pittore, il corpo il
pennello dell’artista e infine il colore, l’anima.
Osvaldo Roldan
(348 6910878)
Non avrei una definizione sintetica, posso dire che mi è sempre piaciuto moltissimo,
fin da ragazzo, quando mia nonna mi portava a ballare, poi quando lei non ci fu
più chiesi a mia madre di insegnarmi e scoprirlo mi ha cambiato moltissimo, ha
cominciato a far parte della mia vita: è stato il canale attraverso il quale sono
riuscito ad esprimermi artisticamente. Tutto quello che ho studiato ed imparato in
seguito (teatro, danza, danza folclorica) è stato in funzione del tango.
Perché hai deciso di insegnare?
L'insegnamento era lontanissimo dai miei pensieri quando ho cominciato a ballare.
Pensavo che avrei potuto inegnare solo dopo moltissimi anni, avendo raggiunto una
certa consapevolezza, una certa maturità. Ho fatto da assistente a tanti maestri per
anni, ma ero sempre più attirato dall'essere ballerino che insegnante. Solo dopo,
quando ho scoperto che mi piaceva trasferire le mie conoscenze agli amici, in un
mutuo scambio e ho visto come loro apprezzavano, allora ho cominciato a capire
che mi sarebbe piaciuto fare l'insegnante, nel senso di donare qualcosa. Non solo
dal punto di vista della fisicità della danza, ma anche dal punto di vista della sto-
ria, della cultura del tango, e questo l'ho scoperto quando sono venuto in Italia,
quando ho trovato persone che erano molto interessante anche a questi aspetti del
tango. E' così che ho cominciato qui a Milano, e allora il clima era molto diverso,
gli allievi allora erano in realtà gli amici, e ci si divertiva anche molto insieme, l'at-
mosfera era molto familiare, non quella più formale della scuola
Qual è la tua didattica?
Quando ho cominciato ad insegnare, ho dovuto anche cominciare a sperimentare
sfruttando la mia esperienza di danza classica e contemporanea perché gli allievi
non erano più ballerini come me, come i primi tempi, erano invece persone che non
avevano nessuna esperienza di ballo, di movimento. Questa sperimentazione continua
ancora oggi, anche perché ogni persona ha le proprie dinamiche, il suo pecorso didat-
tico e per quello mi sforzo di individuare la problematica di ognuno: non perché è
più dotato o meno dotato, tutti possono imparare, è questione di tempo e questo
mi ha sempre stimolato. E' necessaria innanzitutto una certa preparazione, perché
anche se non devono diventare dei ballerini professionisti, devono captare la tecni-
ca del passo, la dinamica del movimento, ma allo stesso tempo divertirsi: e' un com-
promesso. Molto importante è pure l'ascolto, altrimenti si rischia di far fare maga-
ri dei passi che sono i passi del tango, ma non c'è rapporto con la musica, non
sono tango, sono imitazione del tango. Sono contento se si riesce a trovare il tempo
di allargare l'insegnamento anche agli aspetti storici e culturali del tango. Per que-
sto continuo a studiare ed aggiornarmi: per dare la maggiore completezza, per fare
capire il tango. Per comprenderlo profondamente molto dipende dalle motivazioni
che hanno portato le persone al tango, io cerco comunque di far percepire a tutti
che c'è quel qualcosa in più, di stimolarli e se hanno voglia di approfondire, pos-
sono andare avanti, se no, sanno almeno che un qualcosa in più c'è.
Come definiresti il tuo stile?
ora sento sicuramente una notevole padronanza rispetto ai primi tempi in cui bal-
lavo, una padronanza sui passi che io ho scelto, ma non solo sui passi, perché non
è solo una questione fisica, è anche una interpretazione artistica. Anche se ho molta
più esperienza e se cerco di essere personale,non so se si possa già dire che io ho
uno stile personale, sia a livello di danza, nello spettacolo, ma anche come balleri-
no di sala, perché anche se ho fatto spettacoli, non ho mai lasciato da parte la
sala. Il tango del ballerino di sala è il racconto che fa della sua stessa vita, men-
tre balla racconta le sue esperienze. Con la maturità ognuno ha il suo stile perso-
nale, se è sincero. All'inizio si tende ad avvicinarsi al tango non lasciandosi andare
alla propria fisicità, alla propria esperienza, l'abbraccio è molto difficile da gestire,
poi subentra una scioltezza vera, non imitativa e ci si lascia finalmente andare, quan-
do accetti questo, l'abbraccio diventa piacevole, e allora ballare è molto bello.
guaggio o il linguaggio di un gioco, è stato per me molto simile a quando, impa-
rando le lingue, entravo in modi di pensare diversi. E’ un linguaggio del corpo, molto
particolare e molto sottile pertanto rispetto ad altre danze è molto più impegnati-
vo. Però siccome il tango implica sempre la comunicazione con l’altro, si pone que-
sto limite che è un vantaggio o uno svantaggio: di non poter decidere da solo. E’
il mediare con un altro corpo, ricevendone un altro messaggio, il famoso muoversi
insieme e non da soli è il nodo del tango, è la prima cosa che bisogna imparare:
muoversi insieme
Perché hai deciso di insegnarlo?
E’ parte della mia professione, una naturale evoluzione dopo un percorso di studio,
perché se non c’è stato un percorso non c’è elaborazione....Insegnare per me richie-
de elaborazione personale. Io ho studiato tanti anni altre danze, la classica, la con-
temporanea. Ho studiato il tango e ho fatto da assistente per anni, a Osvaldo e alle
persone con cui mi è capitato di studiare prima ed aiutare, poi. Dopo circa sette
anni, Osvaldo mi ha detto che avremmo potuto cominciare ad insegnare anche sepa-
ratamente. Lì ho cominciato ad insegnare. Insegnare mi piace, ho insegnato anche
lingue.
Qual è la tua didattica?
La didattica è un punto chiave nel senso che il tango, non essendo una danza acca-
demica, è popolare, ma anche altre danze popolari esistono ed hanno già una didat-
tica sviluppata nel paese d’origine, nel tango invece non esiste. Esistono dei “crea-
tori” di didattica assolutamente personali, individuali. Io considero Susana Miller per
esempio la creatrice di una didattica, e a me ha dato molto. Considero anche Osvaldo
un grandissimo didatta. Ho conosciuto pochissimi ballerini-insegnanti dei quali si
possa dire che abbiano una didattica, anche se mi hanno dato tanto. Nel tango,
secondo me, uno si deve dare degli obiettivi. Quello che io desidero oggi è di vede-
re gli allievi in pista. Per me l’obiettivo è riempire la pista. Io insegno tango socia-
le, se viene qualcuno che vuole preparare uno spettacolo, ok, ma non è quello che
bisogna diffondere, il tango è nato per divertirsi, è popolare. Per me oggi la più
grande soddisfazione è vedere che più o meno riesco dopo una stagione di tango
a vedere i miei allievi che ballano, perché difficilmente vedi la gente in pista dopo
una sola stagione. Come farli divertire e non farli annoiare quando come insegnan-
te si è coscienti che si dovrebbe farli solo camminare per un anno, questi sono truc-
chi che impari nel cammino, anche se non è sempre possibile. E’ importante che
loro possano gestire in pista il poco o tanto che sanno. Insegnare significa insegnare
quel codice che fa parte del tango (non mi riferisco al cabezeo): c’è un codice di
educazione molto chiaro, di circolazione, di trattamento della compagna e del resto
della pista. E’ chiaro che per il tipo di ballo che insegno, devo insistere tantissimo
sulla posizione, sull’equilibrio, perché è molto complicato ed insolito chiedere alla
gente di ballare petto a petto, però per me quello è il tango sociale, è l’abbraccio,
e quindi è quello che cerco di fare, il resto è secondario, come il numero di coreo-
grafie. Gli allievi devono scegliere quello che gli piace di più, possibilmente speri-
mentando.
Come definiresti il tuo stile?
Definire lo stile penso che sia una cosa impossibile, innanzitutto perché non
si può autodefinire il proprio stile. I creatori di stile si contano su una
mano, come Gavito, perché ha creato il suo stile. Noi tutti altri possiamo
avere più o meno personalità, possiamo dire forse che qui in Europa,
abbiamo uno stile, ma proiettati nell'universo del tango bisognerebbe avere
ben più anni di esperienza. Nel tango quello che emerge, così come nella
vita, è la personalità, l’essere. Comunque bisogna parlare di coppia o di un
forte uomo perché solo lui può creare la ballerina e non viceversa. Osvaldo
ed io non siamo stati dei meri ripetitori, abbiamo cercato ed elaborato,
sviluppato un certo stile, ma non posso dire che abbiamo creato uno stile.
Il tango popolare è quello dell’abbraccio, più o meno aperto, frontale o tre
quarti, non importa: se non c’è l’abbraccio non è tango. Le scelte “religio-
se” sono assurde, tutti si possono allontanare per fare due figure. E’ il neo-
fita che ha bisogno di riconoscersi in una definizione. Noi siamo presenta-
ti negli stages come “tango milonguero”, ma tango milonguero in realtà non
vuol dire niente, ma se serve a capire quello che noi facciamo, va bene.
Oscar Wright
(340 6467159)
E’ un’arte. O meglio ancora è la ricerca dell’arte. L’arte è qualcosa di misterioso che tutti
noi abbiamo dentro. E’ essenzialmente ricerca della bellezza, dell’estetica, del senso della
meraviglia. Il tango è uno strumento per cercare di esprimere tutto questo.
Perché hai deciso di insegnare?
Sono un insegnante e ho sempre sentito dentro l’aspetto educativo-didattico. Mi interessa-
no soprattutto gli strumenti attraverso cui si può apprendere e quindi anche insegnare.
Qual è la tua didattica?
seguono... l e i n t e r v i s t e !

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“Si pensa che sia La Cumparsita il
primo tango conosciuto in Europa,
invece nel 1905, proprio quando l’e-
migrazione europea verso il Rio de la
Plata è al massimo, la nave scuola
Sarmiento risale la rotta atlantica in un
viaggio d’istruzione intorno al mondo, portandosi dietro gli
spartiti de La Morocha e El Choclo appena pubblicati da La
Nacion di Buenos Aires. E’ così che questi tanghi raggiun-
gono per primi i porti europei e da lì si diffondono veloce-
mente in tutto il continente. E questo fu il destino anche,
circa ventanni dopo, di Adiós Muchachos
Charlando con Luis...
Fregata A.R.A. Presidente Sarmiento:
Varata nel 1895 a Brikenhead, Inghilterra, approdò
a Buenos Aires nel suo viaggio inaugurale dopo aver
toccato i porti di Vigo e Genova. Dedicata all’adde-
stramento dei cadetti della Armada Argentina, navi-
gò per gli oceani compiendo 37 viaggi didattici, fino
al 1938. In seguito navigò in acque nazionali fino al
1960, ed oggi riposa nel porto di Buenos Aires, tra-
sformata in museo navale.
Dati tecnici: Fregata a 3 alberi (maestro 54.3m, trin-
chetta 52m, mezzana 42.5m). Lunghezza, 85.5m (+
bompresso 23.2m); larghezza, 13.32m; pescaggio,
7.55m. Velatura 35 vele complessive (9000m2).
Dislocamento a pieno carico, 2733t.
A LA “FRAGATA SARMIENTO”
Es el alba...
Concierto de trinos, sirenas, campanas,
murmullos confusos,
vaivén en las rampas.
Es el alba...
El puerto sacude su sueño de estampa:
Fragatas, barcazas, remolques,
ya sueltan amarras!
El mar gigantesco
encorva su lomo de plata,
las roncas sirenas, sacuden las barcas.
Soberbia en sus años de gloria,
la Fragata avanza..., avanza. (...)
Elida P. de Cavero
Rosanna Remón
(rremon@tiscalinet.it)
Per me il tango è parte della mia vita, è parte di me. E’ comunicazione, con tutto
cio che comprende: emozioni, piacere, profondità, intensità, allegria.
Perché hai deciso di insegnarlo?
Insegnarlo fondamentalmente per poter condividere, con chi vuole, la possibilità di
provare le emozioni che ho scoperto nel ballarlo. Un modo di trasmettere questo
infito canale di comunicazione.
Qual è la tua didattica?
Didatticamente faccio prevalere, ovviamente, l’importanza della musica: el Compás.
L’importanza dei ruoli, la posizione del corpo come percorso di scoperta individuale
per poter scoprire insieme il percorso a due, l’abbraccio, la protezione e l’abbandono,
il piacere del movimento insieme alla musica, in due.
Come definiresti il tuo stile?
Il mio stile è semplice, molto piacevole e tranquillo: è quello dei Milongueros.
Sabrina Rovelli e Alberto Scarico
(
sabrina.alberto@tiscali.it)
Il Tango, per noi che abbiamo praticato anche a livello agonistico altri balli di cop-
pia, riteniamo che sia l’unico ballo che possa essere definito danza, per la sua com-
plessità e i suoi molteplici aspetti emozionali che lo propongono come uno specchio
della vita e che fa sì che la sua principale caratteristica (l’improvvisazione) renda
ogni ballerino unico nella sua interpretazione
Perché avete deciso di insegnare?
A: La mia scelta è dettata non solo dai risvolti economici, ma soprattutto per
il piacere e la soddisfazione di riuscire a trasmettere ad altre persone la mia
conoscenza e il mio amore per ogni tipo di danza. E’ come lasciare in eredità
una parte di te agli altri e se so che se con questo posso aiutare le persone
a divertirsi, la cosa mi dà ancora più soddisfazione. S: Per trasmettere ad ogni
persona questo grande sentimento. L’insegnamento io ritengo sia una grande
passione e non ha niente a che vedere col fatto di essere dei bravi ballerini,
rappresenta grosse difficoltà ad ogni persona che incontri. La grande soddisfa-
zione per me è riuscire a far muovere sulla musicalità del tango coppie di ogni
età. Un’ultima cosa che ritengo di un’importanza straordinaria è che nella mia
carriera d’insegnante sono riuscita a capire che alcune persone che si avvici-
nano al ballo in genere cercano una valvola di sfogo per vari problemi perso-
nali e sono contenta di riuscire ad aiutare qualcuno.
Quale è la vostra didattica?
La didattica che noi usiamo è il frutto di anni di insegnamento e dal rende-
re, soprattutto per il tango, il più semplice possibile l’apprendimento a chi si
avvicina a questa danza partendo dai suoi fondamenti soprattutto nel suo
movimento e nella sua postura.
Definireste il vostro stile?
La scelta del nostro stile inizialmente è stata del tutto casuale. Perché noi all-
l’inizio abbiamo scelto l’insegnante per la sua bravura e non per il suo stile,
dopodiché valutando le varie differenze tra uno stile e l’altro abiamo optato
per quello che era più consono al nostro modo di vedere il ballo di coppia.
Nota finale:
A tutti gli insegnanti va
la nostra gratitudine per la loro
gentilezza e collaborazione.
Prossimamente....
quattro chiacchiere con
chi crea l’atmosfera in milonga... i
musicalizadores”, o DJ se preferite.
Avete qualche curiosità? Una cosa che
non avete mai osato chiedere loro? la
chiederemo per voi, scriveteci:
c a f e t i n @ m i l a n g o . i t
seguono... le interviste!

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Ti potrei parlare forse,
di un lontano tango d' Argentina.
Di mille uomini e donne che lo ballano.
Mani sottili come sottili sono gli sguardi
e vibrate le falcate.
Muscoli di prateria, tesi, quasi in un pianto.
Sottile attenzione
in questo tentativo di conoscere l'altro,
incertezza e paura.
Di trecento stelle
è composto il nostro cielo d' Argentina.
Ognuna è un tango
e ad ogni tango corrisponde una stella
nelle notti leggere di Buenos Aires.
Ieri si parlava di tango...
Massimo Costa
.
T a n g o m a g i c o
Currado, arrivato in milonga, come ogni volta si accingeva a scegliere la ballerina
che più l’ispirava. La individuò, la invitò, e subito furono in pista.
Immediatamente, appena avvicinò il suo volto a quello di lei per posizionarsi, pensò:
“Qui più che la ispirazione, mi sa che seguo la espirazione...”. Pensò anche: “Qui ci
troviamo di fronte alla famosa questione orale”.
Si accorse di come, in effetti, la ragazza non utilizzasse in modo appropriato il filo
interdentale. Riservandolo a quello, assolutamente improprio, che aveva invece intra-
visto sotto le sue gonne a spacco abissale. Del resto, dai dati ISTAT, Currado sape-
va che il 92,8% degli italiani non lo usa per niente (il filo interdentale, non lo
spacco abissale).
Si dispiàcque di questa situazione. Anche perché dovette, suo malgrado, fare l’esa-
me organolettico di tutto ciò che la fanciulla aveva ingurgitato in serata. La cena
doveva essere stata particolarmente ricca. In ogni caso concluse per il pesce, anzi-
ché per la carne. Arrivò a riconoscere la maggiorana, il dragoncello e la paprika. Si
rammaricò di non aver potuto individuare zenzero e timo, che gli piacevano tanto.
Rimpianse il parmigiano con balsamico di Tangolosa, a Reggio Emilia.
Ma lui era un semplice, e trovava del buono in ogni cosa.
Pensò anche: “Forse è la volta giusta che imparo a tenere il volto verso la mano
sinistra, come mi insegna la mia maestra di apilado”. Ma andò oltre: si ricordò del-
l'espressione malinconica, e nello stesso tempo ombrosa ed incazzuta, che aveva visto
in un autentico milonguero argentino. Che le era piaciuta tanto, e che non aveva
saputo mai imitare, neanche facendo le prove davanti allo specchio.
Quella volta si accorse invece che gli veniva naturale, anche se con l’aggiunta di
una smorfia di disgusto per la vita (e per il rabarbaro...). Ma, come dicevamo,
Currado era un uomo mite, e non trovò il coraggio di dirle nulla. Anche perché si
ricordò di quella volta che volle timidamente farlo presente ad un’altra delicata
ragazza, dato che tutta la pista ne risentiva, e addirittura molte altre coppie bar-
collavano nella ronda. Costei, imbarazzata, pensò di rimediare masticando un'intera
scatola di mentine. Mentine biancoverdi, nella famosa varietà “glaciale”.
“Peso el tacòn del buso”: l'orrenda associazione dell'eucaliptolo all'impepata di cozze
e alla bagnacauda con cui la sventurata aveva desinato, produsse effetti ancor più
devastanti.
Currado svenne.
Neanche l'aceto e la trielina con cui tentarono di farlo rinvenire produssero il ben-
ché minimo risultato. Si risvegliò al pronto soccorso. Giusto in tempo per sentire il
medico di turno, analisi alla mano, gridare: “Ma perchè questi di Chernobyl ce li
mandano qua vent’anni dopo?”.
Curradazo, una vita in milonga
el Barbaro
Abbiamo chiesto ad una tanguera che pratica Yoga da anni
come concilia due mondi e sentimenti apparentemente così diversi...
Come sappiamo il tango ha la sua origine principalmente
nelle musiche degli immigrati del sud dell’Europa e mesco-
la questi suoni con alcuni ritmi africani, accompagnando la
storia, la sofferenza e le speranze di donne e uomini che
cercavano nel Mondo Nuovo, una vita migliore. La disci-
plina dello yoga affonda invece le proprie radici in un con-
testo molto diverso: le antiche civiltà della valle dell’Indo,
nel subcontinente indiano; la sua origine si perde nella
notte dei tempi.
Perché dunque tango e yoga?
Il termine “yoga” ha una radice sanscrita yuj che significa
unire, legare le energie psicofisiche dell’individuo.
Praticare lo yoga e ballare il tango è il frutto di una ricerca
di integrazione tra Oriente e Occidente nella mente e nel
corpo, per trovare un contatto profondo con il proprio
essere, una possibilità di un incontro significativo con l’al-
tro, in un’esperienza che ha un forte valore interculturale.
In che modo si realizza questa integrazione?
Entrambe attraverso l’insegnamento di un maestro e con
la pratica, nell’esercizio che si ripete nei giorni e negli anni
lasciando una traccia profonda nel corpo e nella sfera
emotiva. Nello yoga l’energia chiamata prana o soffio
vitale viene catturata attraverso la respirazione e il movi-
mento; si prende coscienza del corpo, cercando una sinto-
nia con l’armonia che regola il moto dell’intero universo,
conquistando un maggiore equilibrio psicofisico e lucidità
interiore. Ballando il tango si arriva ad una più intensa per-
cezione del sé nell’armonia del movimento dei corpi che
danzano al ritmo di questa melodia.
Che ruolo assume la musica in queste due esperienze?
Nello yoga il suono puro dei mantra spesso ne accompa-
gna la pratica e aiuta la mente ad aprirsi verso l’alto, così
come la musica del tango penetra nell’animo attraverso
l’intensità emotiva della sua forza poetica.
Si potrebbero definire due esperienze che integrandosi portano ad un
arricchimento globale dell’individuo?
Certamente! Il tango appare come un laboratorio, un
luogo di esplorazione in cui i ruoli dell’uomo e della donna
si decostruiscono e si riallacciano continuamente, permet-
tendo un sempre nuovo incontro tra i due individui.
Lo yoga radica invece gli individui alla terra consentendo
un percorso all’interno del proprio corpo vissuto come un
tempio sacro; in tal modo si ha la possibilità di un incon-
tro maggiormente consapevole con il proprio sé interiore.
Si sperimenta così una tensione della postura e del respiro
dal basso verso l’alto e un’integrazione del corpo e della
mente, della fisicità e dello spirito.
Concludendo…
Attraverso il tango e lo yoga si vive un’intensa esperienza
di sé e dell’altro che può trasformare la sofferenza e il
vuoto in vitalità e ricchezza interiore ed affettiva.
Tango e Yoga...discipline per l’anima?
a colloquio con Grazia Estercita

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F u m a n d o e s p e r o
¿ Q u i e n s a b e ?
Chi riconosce la letra del prossimo numero?
...ya nunca alumbraré con las estrellas nuestra marcha sin que-
rellas por la noches de Pompeya.
fonte del testo origlinale:
http://argentina.informatik.uni-muenchen.de/tangos/
Escuchar mientras leo
Fumar es un placer
genial, sensual.
Fumando espero
al hombre a quien yo quiero,
tras los cristales de alegres ventanales.
Mientras fumo, mi vida no consumo
porque flotando el humo
me suelo adormecer...
Tendida en la chaisse longue
soñar y amar...
Ver a mi amante
solícito y galante,
sentir sus labios
besar con besos sabios,
y el devaneo
sentir con más deseos
cuando sus ojos veo,
sedientos de pasión.
Por eso estando mi bien
es mi fumar un edén.
Dame el humo de tu boca.
Anda, que así me vuelvo loca.
Corre que quiero enloquecer de placer,
sintiendo ese calor del humo embriagador
que acaba por prender
la llama ardiente del amor.
Mi egipcio es especial,
qué olor, señor.
Tras la batalla en que el amor estalla,
un cigarrillo es siempre un descansillo
y aunque parece que el cuerpo languidece,
tras el cigarro crece
su fuerza, su vigor.
La hora de inquietud
con él, no es cruel,
sus espirales son sueños celestiales,
y forman nubes
que así a la gloria suben
y envuelta en ella,
su chispa es una estrella
que luce, clara y bella
con rápido fulgor.
Por eso estando mi bien
es mi fumar un edén.
Parole di Félix Garzo (trad. di Allegra Versaci)
Musica di Juan Viladomat Masanas
Incisioni: Orquesta Típica Víctor (1927), Roberto Firpo (1927),
Francisco Lomuto (1927), Francisco Canaro - canta Roberto
Fugazot (1927), Ignacio Corsini (1927) Francisco Pracánico
(1927), Héctor Varela - canta Argentino Ledesma (1955)
Ascoltare mentre leggo,
Fumare è un piacere
straordinario, sensuale.
Fumando aspetto
l’uomo che amo,
dietro ai cristalli di allegre vetrate.
Mentre fumo non consumo la mia vita
perché mentre il fumo galleggia
spesso mi addormento...
Distesa nella chaise longue
sognare e amare…
Vedere il mio amante
Sollecito e galante,
Sentire le sue labbra
baciare con sapienza
e il delirio,
sentire con i miei desideri
quando vedo i suoi occhi,
accesi di passione.
Per questo mentre c’è lui
fumare per me è un eden.
Dammi il fumo dalla tua bocca
sbrigati, che divento matta.
Corri, che voglio impazzire di piacere,
sentendo il calore del fumo che inebria,
che finisce per appiccare
la fiamma ardente dell’amore.
Il mio egiziano è speciale,
che odore, mamma mia!
Dopo la battaglia dove scoppia l’amore
una sigaretta può servire a riposare
e anche se sembra che il corpo languisca
dopo la sigaretta cresce
la sua forza, il suo vigore.
L’ora d’inquietudine
assieme a lui non è crudele
le sue spire sono sogni celestiali,
e fomano nuvole
che in questo modo salgono alla gloria
e da lei avvolta
la sua scintilla è una stella
che illumina, chiara e bella
con rapido fulgore.
Per questo mentre c’è lui
fumare per me è un eden.